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Castelli Romani: alla scoperta del territorio

Castelli Romani: alla scoperta del territorio e del suo microclima

CASTELLI ROMANI ALLA SCOPERTA DEL TERRITORIO: TRA I VIGNETI DEL VULCANO LAZIALE UN TERRENO INTRISO DI STORIA, MITO, FEDE E VINI DI QUALITA’

I Colli Albani sono le vette gentili e coriacee che si estendono dalla propaggine più meridionale di Roma fino al confine con la pianura pontina. Una discesa leggera per poco più di venti chilometri, uscendo da Roma, che si inerpica tra le salite e i due laghi di quello che è definito il Vulcano laziale.

UN PERCORSO TRA VINI, STORIA E MITO LUNGO TRE DIRETTRICI PRINCIPALI

Terra particolarmente fertile, sorprendente per la sua bellezza e, vuole la tradizione tra storia e mito, per la sfrontatezza e il coraggio di chi la abita. Come se le orme nella memoria popolare dell’impresa persa (ma a testa alta) dei Fratelli Curiazi segni ancora l’esistenza e le scelte degli eredi dell’antica Albalonga.

Scorci divini con sapori di vini (e non solo) accompagnano il visitatore o, meglio ancora, il cultore di queste terre e dei suoi prodotti lungo le tre direttrici principali: la via Appia per sessanta chilometri fino a Velletri, attraversando i vigneti dei colli di Lanuvio, la via dei Laghi, sulla quale incrociamo Marino, Castelgandolfo e, lambendo Rocca di Papa, ci conduce a Nemi, quindi la via Tuscolana che ci porta a Frascati, accarezzando anche Grottaferrata sulla via Anagnina, terre nelle quali trae origine il vino Frascati che più di altri caratterizza il doc dei Castelli Romani.

UN UNICUM TERRITORIALE DEL TUTTO FAVOREVOLE ALLA PRODUZIONE VITIVINICOLA

Si tratta di un unicum dal punto di vista territoriale che nasconde al suo interno specificità climatiche, pedologiche e varietali. Ci troviamo, infatti, al cospetto di un’area dove la viticoltura ha da sempre rivestito un ruolo predominante nell’economia locale, grazie all’estrema vocazione dei suoli per la vite. Non è certamente casuale il fatto che nel Lazio la produzione vitivinicola ruoti per la quasi totalità intorno ai Castelli Romani.

Vale dunque la pena tornare a osservare la mappa e le tre direttrici nelle quali di fatto dividiamo il cosiddetto “vulcano laziale”, ognuna delle quali ha delle caratteristiche ben precise sebbene appartenenti a un territorio unico, come detto, che si raccoglie attorno a un grande sistema vulcanico, con una cintura ben precisa del cratere che si aggira intorno ai trenta chilometri di diametro. È un gigantesco corpo, bloccato e compatto, che solo verso sud-ovest si frammenta per fare spazio ai laghi di Castelgandolfo e di Nemi.

Eccoci, dunque, ad analizzare le tre sottozone nelle quali si distendono i Castelli Romani, ciascuna delle tre aree gode e può vantare un proprio punto di forza:

  • Territorio tuscolano, qui il punto di forza è Frascati.
  • Territorio Albano, Ariccia e Castelgandolfo predominano.
  • Territorio Lariano, Genzano e Nemi sono i comuni più rappresentativi.

In definitiva, si tratta di un territorio collinare caratterizzato dai monti Albani, di origine vulcanica e dai monti Lepini, Ausoni e Orsini, di origine calcarea.

Le zone maggiormente vocate alla viticoltura si trovano sulle pendici collinari. I suoli vulcanici garantiscono terreni permeabili di buona struttura, con elevata presenza di potassio, elemento fondamentale per il profilo sensoriale che incide particolarmente sul profilo aromatico dei vini. La stessa caratteristica vulcanica del suolo prevede in sé uno spetto molto ampio di tipologie e caratteristiche del terreno, tra le quali è doveroso distinguere: la pozzolana, di natura più sabbiosa e permeabile, il tufo, più duro e impermeabile, quindi le rocce laviche, praticamente non adatte alla coltivazione per l’eccessiva durezza.

I vitigni più diffusi (e consentiti) sono la Malvasia di Candia – originaria di Creta, per oltre quattrocento anni sotto il dominio di Venezia – e il Trebbiano, in concorso con altre uve bianche, per non oltre il 30%. La Malvasia del Lazio (esistono in Italia ben sedici tipologie di quest’uva, dalla Venezia Giulia alla Sicilia), qui è detta “puntinata”, mentre quella di Candia va sotto il nome di Malvasia Rossa. Nel territorio di Marino, i cui vigneti sono esposti verso il mare, i vini a base di Malvasia di Candia o Rossa, acquistano un fondo salmastro e una struttura più robusta.

LA SAGRA C’E’ DELL’UVA

A Marino, la prima domenica di ottobre, le fontane pubbliche, a cominciare da quella cosiddetta dei Mori, posizionata al centro del borgo, nella piazza di maggiore transito, versano vino anziché acqua, come canta una celebre canzone da molti attribuita a Petrolini, dando vita a quella che da quasi un secolo è la Sagra dell’Uva, baccanale fondato dal poeta romanesco, Leone Ciprelli nel 1924. Un appuntamento dai numerosi volti che in sé racchiude moltissime, forse tutte le caratteristiche della gente e delle terre dei Castelli Romani intrisi di fede religiosa e storia con la supplica e la donazione delle uve alla Vergine del Rosario a mezzogiorno che, prima del miracolo delle fontane, apre alla rievocazione del ritorno di Marcantonio Colonna, signore di Marino, che fu tra i condottieri della spedizione cristiana che il 7 ottobre del 1571, nelle acque di Lepanto, sconfisse le truppe turche.

Castelli Romani: alla scoperta del territorio

Non di soli vini bianchi però si brinda e si beve ai Castelli Romani. Sebbene quella chiara sia certamente la bacca di gran lunga dominante sul vulcano laziale, tra le produzioni vitivinicole dei Colli Albani, infatti, si contano anche numerose denominazioni di origine in cui le uve rosse si esprimono attraverso produzioni notevoli e di grande prestigio.
Basta elencare i nomi di alcuni dei vitigni per capire il livello assolutamente non inferiore di qualità: il Merlot, il Sangiovese, il Montepulciano, il Nero Buono e, più di chiunque altro, il Cesanese che lega in un dialogo ebbro di gusti e colori le colline dei Castelli Romani, attraverso la Valle del Sacco (incrociando un’altra importante direttrice: la Casilina) agli altipiani della Ciociaria settentrionale che fanno da quinta a un altro panorama: i vigneti del Piglio come ad aprire il volume di un’altra storia, ancora laziale, di eccellenza assoluta tra i vini non solo del Lazio ma dell’Italia intera.

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